I dodici giurati (2019)

di Wouter Bouvijn

con Maaike Neuville, Maaike Cafmeyer, Josse De Pauw, Lynn Van Royen, Charlotte De Bruyne

Uno dei valori aggiunti di Netflix è quello di offrire produzioni non solo americane e italiane ma anche di Paesi di cui, altrimenti, difficilmente sentiremmo parlare. In particolare ci sono numerose serie TV che non mancano di originalità e che arrivano da svariate parti del mondo, dall’australiana Stateless, alla danese Borgen – Il potere, per arrivare a quella oggetto di questa recensione: I dodici giurati, realizzata in Belgio.

Una giuria popolare, formata appunto da dodici persone scelte a caso, si trova a dover emettere un verdetto nei confronti di Frie Palmers, una donna accusata di uno sconvolgente duplice omicidio: quello della sua migliore amica e, a distanza di 18 anni, quello di sua figlia, una bambina di due anni. La struttura delle dieci puntate è tale che chi guarda non sa quale sia la verità che, puntata dopo puntata, viene svelata, lasciando sempre aperti i dubbi, in modo che lo spettatore oscilli tra il suo personale verdetto di colpevolezza e non colpevolezza. Questo meccanismo funziona discretamente, soprattutto perché alla fine di ogni puntata viene svelato qualcosa, un colpo di scena che, oltre a fornire nuovi elementi per avvicinarsi alla verità, invoglia a proseguire nella visione.

Ma I dodici giurati non si focalizza solo sulla vicenda giudiziaria, bensì apre una serie di finestre su alcuni componenti della giuria, entrando nelle loro vite private al di fuori dell’aula di tribunale e svelandone problemi e scheletri nell’armadio. Bisogna dire che questo espediente, certo originale, non funziona al meglio perché le varie storie non sempre sono interessanti e alcune appaiono un po’ tirate per i capelli. L’impressione è che si sia voluto allungare un po’ il brodo, per dilatare la serie fino alle dieci puntate che la compongono. La conseguenza è un ritmo che tende al lento ma anche una tensione che risulta eccessivamente diluita.

Voto: 5.5